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Breve viaggio tra le pieghe delle parole

Cosa lega l'aratro al delirio? E gli assassini alla canapa? Breve viaggio tra le pieghe delle parole


“Le parole sono importanti!” urlava Nanni Moretti in una celebre scena di Palombella Rossa, il film che lo ha consacrato al grande pubblico.
Già, le parole sono importanti. Di più. Sono fondamentali e rivelatrici. Fondamentali strumenti di comunicazione , capaci di veicolare idee e concetti, sentimenti e stati d'animo. Rivelatrici della storia, della cultura, degli usi e costumi di un popolo, del suo modo di agire e di pensare . Le parole ci dicono chi siamo e da dove veniamo, ma anche dove stiamo andando. Basti pensare a tutti i neologismi e le espressioni legate alla tecnologia informatica e alla comunicazione digitale divenute ormai di uso corrente nella lingua italiana. (chattare, taggare,twittare ecc.) La lingua è in continua evoluzione : è lo specchio della civiltà che racconta. Alcune parole vengono abbandonate perché ormai superate e non più necessarie, altre di nuovo conio vengono pian piano inglobate nel lessico quotidiano. Perciò la lingua veicola contemporaneamente tradizione e innovazione : impastata con la farina ereditata dal passato, contiene il lievito della civiltà futura.

Il viaggio che compiono le parole è un filo rosso che varca le frontiere e interseca epoche diverse, come una spola sul grande telaio della Storia. Un filo rosso che attraversa le nostre vite. E' un gomitolo di suoni che ci avvolge quotidianamente, portandoci echi di significati ancestrali. Una matassa di senso che si dipana tutt'intorno a noi, che si annoda e si allunga continuamente, tesa nello sforzo di tessere la futura trama della nostra lingua. Il viaggio delle parole è un viaggio che appartiene a tutti noi, indistintamente.
Per questo l'etimologia, la scienza che compie il percorso a ritroso, viaggiando nelle parole, ci incuriosisce e ci attira. E' un percorso tra i più affascinanti, in grado di orientarci nel dedalo delle parole e nei crocevia dei significati. Un viaggio nella storia e nella geografia, nel costume e nella religione, nell'economia e nella filosofia, coi piedi conficcati nel passato e le braccia protese ad abbracciare il futuro.

A lungo siamo stati una civiltà agricolo-pastorale, in cui il lavoro dei campi e l'allevamento degli animali era parte preponderante della vita quotidiana. L' economia romana, dalla fondazione della città fino alla fine dell'età repubblicana, era imperniata essenzialmente su agricoltura e pastorizia. Un forte contatto con la natura e un legame indissolubile con la terra caratterizzava la vita dei nostri avi. Tracce di questo legame rimangono nelle parole, appunto. Nelle parole latine che sono giunte fino a noi, a volte mantenendo il significato originario, altre volte subendo decisive trasformazioni semantiche. Nelle parole che usiamo tutti i giorni, spesso senza sapere da dove arrivano. Analizziamone qualcuna più da vicino.

ETIMOLOGIE DAL LATINO
Il sostantivo burino, ad esempio, deriva da bus - buris, termine latino con cui si indicava il manico dell'aratro. Quindi, in origine era una parola neutra, che designava semplicemente una persona che usava i mezzi agricoli, ossia un contadino. Solo successivamente questo termine è passato ad indicare quelle persone provenienti dalle zone circostanti la capitale, spesso con una leggera sfumatura dispregiativa.
L'aggettivo egregio invece proviene dal latino ex grege, cioè fuori (ex) dal gregge, per indicare una persona fuori dal comune, che si distingue dalla massa.
Sempre al mondo animale attinge la comune etimologia di due parole differenti : pecunia e peculiare. Entrambi i termini derivano da pecus - pecoris, cioè bestiame. Anticamente, il bestiame era sinonimo di ricchezza,poiché la ricchezza si misurava in base al numero dei capi che ciascuno possedeva. Quando la pastorizia ha perso lentamente il suo ruolo apicale nell'economia, la parola è passata gradualmente ad indicare la ricchezza vera e propria, cioè il denaro. Peculiare deriva sempre da pecus, attraverso peculius- peculiaris cioè personale, a sua volta derivante da peculium, vocabolo indicante le proprie sostanze, il patrimonio personale.
Molto interessante l'etimologia della parola rivale, che fa riferimento a rivus, cioè ruscello. Il rivale è colui che ha i campi sull'altra sponda del ruscello rispetto a noi, la persona con cui dobbiamo condividere l'acqua del canale per irrigare i nostri campi. E' molto facile che sorgano liti o contese, per cui il nostro dirimpettaio diventerà quasi sicuramente il nostro rivale.
Anche il verbo esagerare contiene un riferimento etimologico ai corsi d'acqua. Deriva da ex (fuori) agger (argine), quindi letteralmente significa uscire fuori dall'argine, ovvero andare oltre la misura consentita.
Il verbo delirare invece rimanda nuovamente al lavoro nei campi : deriva dal latino de (fuori) lira (solco), quindi etimologicamente vuol dire uscire fuori dal solco tracciato dall'aratro. In senso figurato, si delira quando si esce dal solco della razionalità e del pensiero logico.
Un altro verbo che origina da una metafora agricola è appioppare, che significa attribuire, addossare. Deriva da pioppo, in latino populus. L'etimologia fa riferimento all'abitudine dei contadini di addossare le viti ai pioppi.
Anche il fisco trae le sue origini etimologiche da prassi in uso nella civiltà contadina. Il fiscus era il paniere di giunchi su cui venivano posti ad asciugare i formaggi. Questo cesto, in epoca romana, cominciò ad essere usato per raccogliere i tributi. Da qui, il fisco è passato ad indicare tutte le entrate, divenendo sinonimo di cassa dello Stato.
Dall'agricoltura trae origine l'etimologia di letame, che, sorprendentemente, è la stessa della parola letizia. Il termine letame aveva una connotazione positiva, derivando da laetus, ovvero ciò che allieta i campi, rendendoli fertili e produttivi.
Un'altra parola legata alla civiltà contadina, ma risalente a un'epoca sucCessiva rispetto a quella romana, è il verbo infinocchiare. Letteralmente infinocchiare significa imbrogliare,raggirare col finocchio. Quest'ortaggio è molto persistente al palato, riuscendo a mascherare i sapori di ciò che mangiamo o beviamo. In epoca medievale, quando servivano vino di scarsa qualità, alcuni osti portavano prima in tavola un po' di finocchio. Analogamente, in caso di pietanze ormai vecchie e leggermente rancide, molti locandieri solevano condirle con abbondanti dosi di finocchio.



LA STESSA RADICE
Viaggiando tra le pieghe delle parole, ci si accorge come da una stessa radice etimologica possano originare vocaboli con significati molto diversi tra loro. Dalla parola latina cor-cordis, cioè cuore, derivano cordoglio e misericordia, ma anche coraggio e ricordo/ricordare.
Il cordoglio è il cor doleum, cioè il dolore che ferisce il cuore.
La misericordia viene da misereor (ho pietà) cordis (cuore) , e vuol dire nutrire nel cuore una profonda pietà per le disgrazie altrui.
Coraggio viene dal tardo latino coraticum oppure da cor habeo e significa avere un cuore. Solo chi ha un cuore integro può affrontare a viso aperto le asperità della vita.
L'etimologia di ricordare significa letteralmente richiamare al cuore. In latino re vuol dire indietro e cor cuore naturalamente : riportare al cuore, perché è nel cuore che dimorano i ricordi.

COSÌ LONTANE, COSÌ VICINE
A volte accade invece il contrario, cioè che parole apparentemente molto distanti tra loro abbiano una comune origine.
Tradizione e tradimento, che sembrerebbero avere significati molto lontani tra loro, condividono la stessa radice etimologica. Entrambe le parole derivano dal verbo latino tradere, consegnare. La tradizione sta ad indicare tutto ciò che deve essere conservato e salvaguardato per poter essere consegnato e tramandato alle generazioni successive. L'etimologia di tradimento invece affonda le sue radici nel gergo militare. Tradire una città voleva dire consegnarla al nemico, originariamente di nascosto. Poi il tradimento ha assunto piano piano il significato traslato di venir meno ai patti.

Discorso analogo anche per ciabatta e sabotaggio. Ciabatta deriva dal turco sabata, che poi attraverso lo spagnolo zapata si è trasformato nell'italiano ciabatta. In francese è diventato sabot, zoccolo. All'inizio della rivoluzione industriale, a cavallo tra la fine del XVII e l'inizio del XIX secolo, gli operai francesi, in segno di protesta contro le loro inumane condizioni lavorative attuarono un vero e proprio sabotaggio. Tirarono le loro ciabatte, i loro sabot, all'interno degli ingranaggi dei macchinari con lo scopo di danneggiare e bloccare la produzione.

ETIMOLOGIE CURIOSE
Ci sono etimologie curiose, come quella di assassino. Deriva dalla tribù araba degli Ḥashīshiyya (uomini dediti all'hashish), setta fondamentalista attiva in Siria nel XII e XIII secolo, all'epoca delle Crociate.  I suoi adepti operavano ubbidendo ciecamente agli ordini di un capo chiamato Veglio della montagna, perpetrando ruberie e uccisioni in tutta la regione. Il nome Ḥashīshiyya era stato affibbiato ai membri della tribù a causa della loro abitudine di consumare una bevanda psicotropa derivata dall'hashish, ossia dalle foglie della canapa indiana.

PAROLE QUOTIDIANE
Ci sono anche etimologie di parole di uso quotidiano, che però magari ignoriamo. Conoscete l'origine della parola ciao, uno dei termini più usati in italiano e sicuramente il nostro saluto più conosciuto all'estero? Deriva dal veneziano s'ciavo (schiavo). Oggi una simile forma di saluto può apparire piuttosto singolare. Dire “(sono suo/vostro) schiavo” alle persone che incontriamo suona decisamente bizzarro. Ma anticamente questo saluto rappresentava simbolicamente una grande forma di rispetto nei confronti dell'altro, non importa che fosse reale o di circostanza. Ad ogni incontro si rinnovava la propria offerta a mettersi incondizionatamente a completa disposizione altrui, proprio come fa uno schiavo.

IL FASCINO DISCRETO DELL'ETIMOLOGIA
E poi ci sono etimologie che rimandano a un mondo di relazioni e significati, che quasi si stenta a credere sia possibile condensare in un'unica parola o, viceversa, che una parola possa racchiudere un universo di senso così ampio. Sono etimologie che hanno un potere evocativo fortissimo. Ti prendono e ti trascinano proprio lì, in quell'altrove da cui scaturiscono.

Tra tutte le sofferenze, la nostalgia è una delle più lancinanti. Deriva da due parole greche : nostos (ritorno) e algia (dolore). Etimologicamente, la nostalgia è il dolore del ritorno, cioè la sofferenza che si prova quando si vorrebbe tornare a casa, ma siamo impossibilitati a farlo. E' il dolore di Ulisse, eterno esule che vagheggia perennemente il ritorno alla sua amata Itaca.

Bellissima l'etimologia della parola entusiasmo : dal greco en (dentro) e theos (Dio). Letteralmente significa Dio dentro. E' una parola molto profonda, che sembra suggerire l'immagine di una persona pervasa da una forza divina, quindi in grado di superare ogni ostacolo. Bella l'idea di portare Dio dentro di sé, e non averlo al di fuori di noi come siamo generalmente abituati a credere.

Infine, suggestiva l'etimologia di desiderare, derivante dal prefisso latino de che indica mancanza, e da sidera, gli astri, i corpi celesti. I Romani solevano guardare il cielo e le stelle, per interrogarli a scopo divinatorio. Quando il cielo era velato, gli Aruspici non erano in grado di scrutare gli astri e ne avvertivano una forte mancanza , fino alla successiva ricomparsa delle stelle. Anche Cesare nel De bello gallico parla dei desiderantes : erano quei soldati che, dopo la battaglia, trascorrevano la notte a guardare il cielo stellato, nella speranzosa attesa che anche i loro compagni facessero ritorno. Desiderare significa smettere di guardare le stelle, quindi sentirne la mancanza e perdere i propri punti di riferimento. Dal punto di vista etimologico, il desiderio è collegato all'idea di mancanza. Desideriamo ciò che ci manca.
Come detto, le parole sono importanti, anzi fondamentali. Altrimenti si finisce per credere davvero che i cammelli possano passare attraverso la cruna di un ago. O perlomeno che sia più facile che avvenga questo passaggio surreale piuttosto che un ricco entri in paradiso. Conoscete il passo del vangelo di Matteo? «E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli». Ma cosa c'entrano i cammelli con le crune dell'ago? Assolutamente niente. Si tratta di un banalissimo errore di traduzione che è stato tramandato fino a noi. San Girolamo, nel tradurre il vangelo dal greco al latino, ha attribuito alla parola kamelos il significato di cammello. Però kamelos in greco non significa soltanto cammello, ma indica anche la gomena, cioè la grossa corda usata generalmente per l'attracco per le navi. E allora sì che la frase acquista un senso : “è più facile che una grossa corda passi per la cruna di un ago piuttosto che un ricco entri nel regno dei cieli”. Adesso tutto è più chiaro.
Il suono si riempie di senso, il filo si riannoda, la spola riprende a tessere la sua trama.


Angela Petrella
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